Resta difficoltosa la gestione fiscale della rinuncia ai crediti vantati dai soci verso le società partecipate, generalmente finalizzata alla patrimonializzazione della partecipata.
L’assenza di chiarimenti sulla disciplina recata dai commi 4-bis e 4-ter dell’articolo 88 Tuir (per effetto del decreto legislativo 147/2015) rischia di creare comportamenti differenti da parte di contribuenti ed uffici.
La deroga
In deroga alla disciplina generale (comma 4, articolo 88), secondo cui i versamenti, eseguiti dai soci, in denaro o in natura, a fondo perduto o in conto capitale, sono fiscalmente irrilevanti, il comma 4-bis stabilisce, che il la neutralità è limitata al costo del credito fiscalmente riconosciuto in capo al socio.
Il costo fiscalmente riconosciuto è comunicato dal socio alla partecipata con dichiarazione sostitutiva di atto notorio. In assenza della comunicazione il valore fiscale del credito è assunto pari a zero.
I limiti della procedura
L’agenzia delle Entrate (risoluzione 124/E/2017), ha affermato che la disposizione non si applichi ai soci persone fisiche. La neutralità sembra essere assicurata solo quando il credito ha un’unica origine e natura: finanziamento soci infruttifero a fronte, ad esempio, di perdite in formazione; al contrario, non sarà neutrale, se la rinuncia avviene a seguito di acquisto crediti vs terzi per un esempio si legga questo estratto Credito con unica origine e rinuncia parziale.
Un ulteriore problema è quello della determinazione del costo fiscale: esistono, principalmente dei metodi riconosciuti (LIFO-FIFO-COSTO MEDIO), i quali portano a risultati differenti. In assenza di un criterio fissato dal legislatore, i soci possono accordarsi su un criterio tra questi menzionati e mantenerlo nel tempo.
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